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Pubblicazione: 29/11/2016
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Ambasciatrice Annalena De Bortoli per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
Tutte le persone con cui ho parlato perché lo hanno conosciuto lo chiamavano Gigi: lui si poneva così, umano ed entusiasta, nonostante rappresentasse uno dei massimi riferimenti per la cultura eno-gastronomica italiana.
Raccontare “tutto” il Gigi Veronelli (l’articolo davanti al nome è familiarità d’obbligo per una lombarda) qui non è possibile: non c’è abbastanza spazio. Dopo aver brevemente spiegato che nacque a Milano nel ’26, studiò e insegnò da filosofo, scrisse di letteratura, di politica e perfino di sport, fondò riviste e condusse programmi televisivi, la cosa che per noi è fondamentale approfondire è che inventò il mestiere del gastronomo.
Talmente esperto di vini da compilare in merito addirittura un’enciclopedia, per quanto riguarda il cibo indagò la cucina popolare regionale italiana e in qualche modo contribuì a codificarla. Ne parlò in TV in programmi dedicati all’informazione gastronomica (niente talent e gare, per fortuna, all’epoca!), ne scrisse solo ma anche in collaborazione con il mito gastronomico dell’epoca, il grande Luigi Carnacina, e con il giornalista Gianni Brera, personaggio poliedrico almeno quanto il Gigi.
L’attenzione ai piccoli produttori e alle specialità locali lo portò a valorizzare la civiltà contadina, aprendo la strada a quell’attenzione (ora tanto di moda) verso la qualità dei prodotti, della terra e delle persone. Questo suo interesse per l’umano rapporto con la natura, racconta il vignaiolo garfagnino Gabriele da Prato, era un aspetto talmente vivo in lui che l’incontro con Gigi (lui da toscano l’articolo non lo usa!), una quindicina di anni fa, servì al giovane viticultore da stimolo per rivoluzionare l’attività di famiglia, e guardare con sempre maggior rispetto e interesse all’agricoltura organica e al vino biodinamico, fino ad approdare ad una visione olistica del proprio “mestiere”. Per questo conserva la foto di quell’amico/consigliere/mito nella sala degustazione della sua azienda vinicola.
ph. www.veronelli.com
Oggi, dodicesimo anniversario della morte del Gigi, per rendere omaggio all’umanità che si nasconde dietro il mito del nome Veronelli cerco, in una piega della sua storia, una piccola testimonianza, le parole di una persona che nel 1973 ha collaborato con lui alla confezione de La Pacciada, il testo di cucina tradizionale lombarda scritto a quattro mani dal Gigi con “il Gianni” (Brera).
Laura G. era ai tempi una giovanissima collaboratrice di Mondadori e fu incaricata delle ricerche iconografiche per il libro. Molto riservata, non vuole qui mettere in luce la qualità del proprio lavoro, che Veronelli in verità le riconobbe molto simpaticamente, quanto la competenza e il grande bagaglio di cultura eno-gastronomica dell’autore delle ricette… che lei, intimorita dall’autorevolezza e dalla differenza di età, non osò mai chiamare Gigi!
Laura di quell’esperienza ama ricordare la signorilità di Veronelli, la sua serietà nel rivendicare le proprie idee e, soprattutto, la sua attenzione a tutti i risvolti della tradizione popolare; compresa, ad esempio, l’abitudine al riutilizzo degli avanzi. Per questa cura nella ricerca i due scrittori concordarono di non limitarsi alla geografia politica della Lombardia attuale, ma di dedicarsi ad un’area di cultura gastronomica realmente condivisa, raccontando di fatto la cucina della “Longobardia”, con spunti dunque anche un po’ veneti, ticinesi, emiliani e piemontesi.
Nella ricostruzione delle varie ricette Veronelli attinse a molte diverse fonti, curioso di approfondire tutto e non ci fu, per quanto ricorda la nostra testimone, un piatto che lui curò più di un altro. Del proprio contributo a questo piccolo capolavoro della cultura gastronomica italiana a quattro mani Veronelli scriveva al lettore: Proposito? Rivalutarla e riproporla la cucina nostra e dei fratelli lombardi. Le ricette che hai qui sono frutto di una paziente ricerca. Tutte? Non tutte: Lombardia è continente; infinite le sue creazioni (e varianti) anche di cucina. […] Do allora quelle della mia esperienza […].
Sono circa quattrocento le ricette che seguono queste parole! È difficile sceglierne una davvero rappresentativa, non tanto del suo amore per la cucina ma del suo modo di scrivere con passione ed arguzia. Ecco perché qui propongo semplicemente una ricetta che, quando ero bambina, la mia mamma faceva proprio così, quasi avesse letto le istruzioni del Gigi. Ovvero queste:
300 g di riso maratelli o rizzotto ben nettato ma non lavato
1,5 l di brodo
2 ciuffi di prezzemolo tritato
Una noce di burro
Formaggio grana grattugiato di fresco
Metto sul fuoco la pentola con il brodo; gli faccio prendere l’ebollizione; aggiungo il riso. Lo porto a cottura al dente; levo il recipiente dal fuoco; vi incorporo il prezzemolo e il burro che ho fatto ammorbidire poco discosto dal fuoco. Mescolo bene. Servo subito. Passo a parte abbondante formaggio grattugiato.
Piccola nota storica: la coltivazione del riso Maratelli, per anni abbandonato, è ripresa dal 2012, ma non è un prodotto sempre di facile reperibilità; il riso rizzotto è ora chiamato S. Andrea. Se non li si trovasse si può usare il riso originario. Le dosi della ricetta sono per 6 persone (o 4 ben affamate!).
Note:
– per informazioni maggiori sull’opera di Luigi Veronelli è interessante consultare il sito Casa Veronelli, curato dai suoi più stretti collaboratori, a lui dedicato (l’immagine del ritratto di apertura è tratta da lì).
– per gustarsi nella sua interezza quella storica golosità editoriale è uscita, fortunatamente, una ristampa recente, godibilissima nonostante la mancanza di foto e disegni inseriti nell’edizione originale: Gianni Brera, Luigi Veronelli, La pacciada. Mangiarebere in Pianura Padana, Book Time, 2014, ISBN 978-88-6218-247-8.
– la casa vinicola di Da Prato, dove è appesa la foto di Veronelli con lui, è questa.
– l’immagine di Veronelli con Brera e la Ninchi è presa da qui; la foto di copertina è tratta da qui; le altre sono foto scattate in proprio.
Partecipano come contributors:
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