La spiga di grano, ai tempi dei Greci, era associata a Demetra, dea protettrice della terra e della fertilità. Il pane è uno degli emblemi della nostra religione cristiana, oltre che della nostra civiltà, insieme all’olio e al vino. Il grano è un cereale talmente importante da conservare ancora oggi la sua sacralità e le forti simbologie, senza escludere la sua rilevanza nella nostra alimentazione quotidiana.
Il poeta greco
antico Esiodo indicava, già tra l’VIII ed il VII secolo a.c. che
il tempo utile per la semina del grano era la stagione delle piogge.
La tradizione leccese fa coincidere questo periodo con la festa della
Madonna delle Grazie, detta Madonna e li menzi sementi, il 21
novembre.
Pochi sanno che, oggi, la maggior parte dei prodotti derivati dal grano ha origine da una varietà modificata geneticamente. Una delle varietà più coltivate è il Creso, creato nel 1974 dai ricercatori del Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare di Roma, che irradiarono la più vecchia varietà Cappelli con raggi Gamma. La varietà che ne venne selezionata risultò più produttiva e di dimensioni più ridotte, più idonea alla coltivazione moderna con mezzi meccanici. Fino ad allora il grano più coltivato in Puglia era il Cappelli, così chiamato in onore del Senatore Raffaele Cappelli che alla fine dell’800 iniziò una delle più grandi riforme agrarie. Tale varietà si presta moltissimo alla coltivazione biologica: grazie alla sua altezza di circa 160-180 cm e a un apparato radicale molto sviluppato, toglie la luce alle erbe infestanti pertanto riduce moltissimo la loro presenza e non necessita quindi di antiparassitari. La varietà Cappelli ha un contenuto di glutine inferiore rispetto al Creso.
La coltivazione di grani antichi come il Cappelli è passata dai 1.000 ettari del 2017 ai 500 attuali. La Puglia è il principale produttore italiano di grano duro con circa 343.300 ettari coltivati e circa 9.430.000 quintali di prodotto, basti pensare che nel 2017 l’importazione di grano è stata ridotta da 301mila chili a 220mila chili. Leader nella produzione di grano duro è la provincia di Foggia, seguita dalla provincia di Bari e dalla provincia di Barletta-Andria-Trani.
La Puglia
risulta essere una delle rare regioni italiane a seminare su sodo
il grano duro: una tecnica agricola conservativa, a tratti
sperimentale. Tale lavorazione non prevede i passaggi preliminari
della preparazione del terreno come l’aratura, la fresatura e
l’erpicatura. Il terreno viene lasciato indisturbato. La resa si
può paragonare a quella fatta con sistemi tradizionali. I vantaggi
invece sono numerosi con risvolti positivi su micro e macro scala per
l’azienda coltivatrice, per l’ambiente, per il territorio ma
soprattutto per la salute del pianeta.
Tale
sperimentazione ha dato alla luce nuove varietà di grano duro con
caratteristiche qualitative molto interessanti, come il Claudio,
il Platone, il Tito Flavio, il Monastir ed
infine il Ramirez. Dati riferiti all’annata 2017/2018.
Ulteriori approfondimenti sono presenti qui nell’articolo dedicato al grano duro per la rubrica Farina del nostro sacco, dove approfondiamo le farine e tutto il mondo dell’arte bianca.
Quando si parla di farina di grano duro, per molti di noi l’immagine che si visualizza nella nostra mente è senza dubbio il pane di Altamura.
Il primo
riferimento a questo magnifico prodotto da forno si trova nelle
Satire del poeta romano Orazio, quando nella primavera del 37
a.C., rivisitando il paesaggio della sua infanzia, scrive del pane
migliore al mondo e consiglia ai viaggiatori di passaggio di non
lasciarsi sfuggire un pane così delizioso. Troviamo poi notizie del
pane di Altamura in un documento del 1420, dove si riporta che il
clero di Altamura era esente dal dazio del pane.
Il pane, prodotto essenziale dell’Alta Murgia, era impastato prevalentemente dalle donne tra le mura domestiche, per essere poi cotto nei forni pubblici. La forma era quella caratteristica, a u sckuanète (accavallata) e per evitare che le pagnotte si confondessero venivano marchiate con le iniziali di chi aveva preparato il pane o del capofamiglia, tramite un timbro di ferro. Successivamente venivano infornate. Alle prime luci dell’alba il fornaio annunciava per le strade l’avvenuta cottura del pane.
Il pane doveva essere durevole nel tempo poiché doveva essere il sostentamento dei contadini e dei pastori durante le settimane che trascorrevano al lavoro nei campi o nei pascoli, sulle colline murgiane. Il loro pasto era essenzialmente una zuppa di pane insaporita con olio di oliva e sale.
Il pane di Altamura
Il pane di Altamura ancora oggi viene prodotto seguendo l’antica ricetta tramandata di generazione in generazione dal Medioevo sino ai nostri giorni. Gli ingredienti sono gli stessi: semola di grano duro, lievito madre, acqua e sale. Immutato è anche il processo di lavorazione, composto da cinque fasi: impastamento, formatura, lievitazione, modellatura e cottura nel forno a legna.
Gli ingredienti
per la produzione del Pane di Altamura sono i seguenti:
- Semola di
grano duro rimacinata [Le varietà di grano duro utilizzate e
ammesse in ragione di almeno l’80% sono la Appulo, l’Arcangelo
il Duilio e la Simeto prodotte nei territori dei comuni di Altamura,
Gravina di Puglia, Poggiorsini, Spinazzola e Minervino Murge in
provincia di Bari. Il restante 20% può essere di altre varietà,
purché prodotte sul territorio predetto.]
- Lievito
madre
- Acqua,
certificata dall’Acquedotto pugliese
- Sale
marino
Gli ingredienti
vengono impastati e successivamente la massa viene lasciata
lievitare. Dopo essere stata suddivisa in pezzi più piccoli, viene
modellata per ben due volte, ciascuna seguita da una fase di riposo.
Prima di essere infornata, ogni pagnotta viene capovolta e
accompagnata nel forno con una leggera pressione della mano su un
lato. L’ultima fase della cottura avviene a forno aperto, in questo
modo la crosta diventa croccante e dorata.
La ricetta del disciplinare è la seguente:
1 q.le di
semola rimacinata di grano duro
20 kg di
lievito madre
2 kg di sale
marino
lt 60 ca di acqua alla temperatura di 18°.
Antico forno Santa Chiara
Le forme tradizionali sono due, prodotte con un peso minimo di 500 grammi, quella accavvalata denominata skuanète con baciature ai fianchi e quella bassa a cappidd d’prèvte, priva di baciature.
Nel luglio 2003 il Pane di Altamura è stato fregiato del prestigioso marchio Dop, conferitogli dall’Unione Europea, il primo prodotto europeo ad aver ottenuto questo riconoscimento nella categoria Panetteria prodotti da forno.
Possiamo affermare che il Tavoliere ha eletto la regione Puglia come terra d’eccezione, conta oltre cento tipi di pane preparati con ben trecento varietà di frumento, fra grano tenero e grano duro e il suo consumo è di circa 200 g a testa.
Pani pugliesi tradizionali e locali
Non possiamo
parlare solo di Pane di Altamura, altrimenti non andremmo a
valorizzare tutti quei pani legati alla tradizione famigliare e
locale, com’è giusto che sia.
Nella zona di Canosa il grano viene tostato sulle stoppie prima di essere macinato, per poi dare vita al Pan-a-presutto un pane con la caratteristica crosta brunita e carica di sapori.
Ricordiamo anche il calzone ripieno, di magro o di grasso, cotto al forno o fritto, a forma di mezzaluna o in altre forme, in quanto anch’esso fa parte delle tipicità di ogni singolo paese pugliese. Come anche le Frise o Friselle nella zona leccese, la Puccia nella zona tarantina, i taralli, il Pane de Sand’Andonie, il Pane di grano, il Pane di patate, il pane del Gargano, il pane di Laterza, le Parruozze, la Pitilla, i Pizzi, i Pizziangulu la, Puddica, gli Sceblasti, la Puddhrica le, Pettole o Pittule, la Focaccia barese…
Il pane di Matino
Ricordiamo
inoltre il pane di Matino, paese a circa dieci km da
Gallipoli: un pane preparato con farina di grano tenero debole e
semola di grano duro e un’idratazione non superiore al 50% con
l’aggiunta non di lievito madre, bensì pasta da riporto, altro
metodo di panificazione. Un pane dal sapore particolare, quasi
d’altri temi, che ricorda un passato ormai lontano.
A Sannicola troviamo le Mpille, panini di semola rimacinata, farina tipo 0, cipolle, zucchine, pomodori e olive nere; i Pizzi nella città di Lecce; prodotti simili, le piscialette nel comune di Zollino, preparate con il solo soffritto di cipolle e pomodori; le pucce con sole olive senza soffritto.
In Puglia l’utilizzo del pane è vastissimo, fra pancotti con rucola e patate, friselle calde o fredde e focacce di ogni tipo, possiamo affermare che in questa magnifica regione il pane diventa il formaggio dei poveri, fritto o gratinato viene utilizzato per insaporire la pasta, le polpette e l’agnello.
Per chi ama il
mondo delle farine e delle preparazioni relative, la Puglia è
senz’altro una regione tutta da scoprire.
Autrice Marianna Bonello del blog
FOTO: Foto d’apertura, Foto 2, Foto 3, Foto 4, Foto 5, Foto 6
FONTI:
Rita Monastero “I pani dimenticati”
ed. Gribaudo
www.lorenzovinci.it
www.laterradipuglia.it
www.panealtamuradop.it
www.foggiatoday.it
www.ilsole24ore.com
www.puglia.com
www.salentokm0.com
www.la terradipuglia.it
www.taccuinistorici.it