Le opere e i giorni: Antonia Klugmann
Articolo di Laura Bertolini
Due voci per descrivere un territorio di confine, i suoi prodotti, la sua cucina fra passato e presente: il Friuli Venezia Giulia e, più in particolare, le zone intorno a Gorizia, ci sono raccontate da Antonia Klugmann e da Josko Sirk, come contributo alla Settimana Nazionale della cucina di frontiera per la rubrica Le Opere e i Giorni. Partiamo con Antonia Klugmann.
Antonia Klugmann, triestina di nascita, arriva alla cucina quando a Milano, nel periodo dell’Università, capisce che il momento più piacevole della giornata è quello in cui cucina per sé e gli amici. Frequenta alcuni corsi di cucina e pasticceria e decide che la strada in cui meglio riesce ad esprimersi è proprio questa. Inizia come apprendista al Harry’s grill di Trieste e successivamente fa varie esperienze in diversi ristoranti italiani, fino ad approdare al Venissa, che lascerà nel 2014 per aprire un ristorante tutto suo a Dolegna: l’Argine a Vencò. Qui propone una cucina che ha il suo fondamento nei prodotti del territorio, spesso da lei coltivati direttamente nell’orto, e che è una costante ricerca di accostamenti e sensazioni nuove.
Antonia Klugmann
”Nella nostra regione – il Friuli Venezia Giulia – ognuno ha un rapporto ed una percezione del confine differente, a seconda della provenienza dei propri familiari. Io ho scelto il Collio all’interno del Friuli in quanto è una zona che in qualche modo ha delle attinenze con me per il tipo di commistione fra le diverse culture. Da triestina, trovo molta vicinanza con questo tipo di territorio: la mia famiglia è di origine in parte ebraica, in parte italiana e quindi il confine è per me interessante. Il confine è il prodotto della storia umana: ogni confine è il risultato di movimenti geopolitici che dipendono non dal singolo ma dagli accadimenti. In particolare quello del Friuli Venezia Giulia è stato fronte sia nella Prima Guerra Mondiale che durante la Guerra Fredda, anche per questo ha una storia molto particolare e molto complessa. Trieste, poi, è una città ancora più particolare in quanto fino ad un certo momento è stata sotto l’impero austro-ungarico ed è stata sempre una città di mix più che interessanti: ha comunità greco-ortodossa, serba, turca, ebraica, anglosassone, una vera città poliedrica. La cucina è un prodotto di storia ed influenze, oltre che di prodotti, e in questa zona non può che essere complessa e variegata.
Trieste non ha un entroterra che non sia il Carso e poi c’è il confine. La campagna di Trieste è per forza di cose una campagna mista con l’Istria: i carnici sono sempre stati contadini ed allevatori. ma il loro è sempre stato un confine di scambi. Da questo deriva l’utilizzo delle spezie, tipico dei questa zona. Il Collio è stato da sempre un confine di contadini ma anche di tanto altro; poi c’è Grado, una realtà ancora diversa dove troviamo i pescatori.
Nel Novecento Maria Stelvio ha scritto un ricettario molto moderno, uno dei più moderni che abbia mai letto: trasponeva in cucina proprio quello che è Trieste, ossia assorbiva le tradizioni serbe, slovene, ebraiche, le tradizioni che vengono da lontano, facendole proprie in un modo innovativo. Nella zona della Carnia si è ulteriormente implementata questa rivisitazione della tradizione grazie ad un grande chef, Gianni Cosetti.
Cosetti, negli anni ’60, ha cambiato il punto di vista della cucina carnica, che da povera ed isolata è diventata una cucina con una valenza incredibile, con piatti come il toc in braide e la rapa brovada: si sono valorizzati ingredienti e tecniche poverissime, trasportandole nell’alta cucina.
Nell’entroterra, invece, ad esempio nel Collio, l’influenza che si sente è quella slovena ed austro ungarica: grazie a questo mix sono nate ricette innovative che non sono imitazione, ma sono date dal continuo movimento del territorio in avanti e dal rinnovamento attraverso incroci di culture.
Il territorio dove sono io è ricchissimo di prodotti e tradizioni, pur in una striscia di terra ridotta: si va dagli gnocchi di susine che, a seconda della diversa posizione della famiglia rispetto al confine, diventano contorno o dolce, alla gubana, rivisitata in mille modo diversi. Le influenze e le idee sono così varie che io che ci vivo ancora non riesco a trovare una linea retta: sono tanti sentieri che arrivano al confine. E variegato è il posizionarsi dei vari chef che operano in zona rispetto alla tradizione: c’è chi, come me, utilizza e valorizza determinati prodotti; c’è chi, come la famiglia Sirk della Subida, fa proprio rivisitazione delle ricette della tradizione. I Sirk hanno portato la tradizione di confine ad un nuovo livello, facendo rivivere una tradizione di cui poco si sapeva.
La polentina verde
La mia, come dicevo, non è una cucina propriamente di tradizione ma contemporanea: non ho in carta piatti che sono rivisitazione, ma in tutti i piatti c’è questo territorio con i suoi prodotti e le sue ispirazioni. Ad esempio, in questo momento ho rimesso in carta la polentina verde allo sclopit, un modo di intendere la polenta morbida, una rivisitazione in chiave moderna degli ingredienti regionali: il silene, lo sclopit, che è un’erba spontanea e la polenta bianca, che invece è tipica delle regioni di mare come Grado. Il coniglio ripieno con le mele e il lardo, invece, riprende un classico abbinamento della nostra zona di origine austro-ungarica, ossia quello fra carne e frutta, che può essere fresca o conservata secondo il periodo dell’anno. Lo spinacio, abbinato al ginepro e alla grappa, riprende sapori e colori tipici della natura della zona.
Ormai che i confini non ci sono praticamente più, i reciproci scambi di cultura, tradizioni e prodotti sono continui; finché c’era la Guerra Fredda era veramente un problema per le famiglie che erano divise o per gli italiani che non capivano una cultura che sentivano come estranea. Ma oggi è proprio nell’apertura del confine che c’è la modernità: non esiste il confine, in questo momento non c’è nessun tipo di chiusura da parte delle persone contemporanee e questo porta in modo assolutamente quotidiano e normale il proseguire dello scambio di prodotti, tradizioni ed evoluzioni.”
Vi aspettiamo venerdì alle 14,30 per l’intervista a Josko Sirk.
Laura Bertolini per AIFB
In copertina: Spinacio, ginepro
Foto Klugmann e spinacio, ginepro: credits Brambilla – Serrani
Polentina verde: credits Witaly – Luigi Cremona
Ristorante L’Argine a Vencò, Antonia Klugmann